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QUESTIONI DI PROSPETTIVA: IL NON FUORIGIOCO DI TEVEZ

8 febbraio 2015

Mai mi sarei immaginato di trovarmi a fare un post in cui dico che un gol della Juve non è effettivamente in fuorigioco. Ma la questione non è fuorigioco sì-fuorigioco no. La questione è un’altra, semplicissima, e riguarda la mistificazione della realtà che sta accadendo in queste ore. Il Milan ritiene che le immagini tv del fuorigioco di Tevez, elaborate al pc con inserimento della LINEA o riprodotte in 3D, non siano veritiere in quando la linea del centrocampo e quella del fuorigioco non sono parallele.

Vivo sentimenti contrastanti. Davvero l’AC Milan ha twittato un messaggio del genere? Sto sognando? Viene postata una foto e si pretende che le righe di centrocampo e del fuorigioco siano parallele? Mancano le basi. Non è necessario aver fatto l’istituto per Geometri (a proposito, Galliani?), per capire che si tratta di una foto in cui bisogna considerare la prospettiva. Anche se non stavamo mai attenti nelle lezioni di Storia dell’Arte e Disegno, è abbastanza elementare capire che si tratti di una PROSPETTIVA A UN PUNTO DI FUGA. Basta seguire le linee dei tagli dell’erba per capire di cosa stiamo parlando.prospettiva1Le linee non sono parallele perché non devono esserlo. Mi pare impossibile che un club come il Milan possa twittare una considerazione così sbagliata.

Poco importa se Tevez fosse o meno in fuorigioco (non lo è). È ben più importante fare il proprio lavoro spiegando come stanno le cose: il Milan ha scritto una cosa FALSA sul proprio profilo Twitter, e la gente dovrebbe saperlo. E invece la dosa è stata rincarata con l’affondo contro i registi delle partite.

Ah, dimenticavamo: ma com’è che le righe nel dipinto “La città ideale” della fine del ‘400 non sono parallele?

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CIAO DEKI. E GRAZIE

9 luglio 2013
  1. ImmaginePer quella volta seduti sul divanetto, a parlare del tuo libro, della tua vita, dei tuoi figli, della tua e mia Inter.
  2. Per i gol nel derby, per il gol alla Juve, per i gol pesanti che hai sempre fatto e che tutti hanno sempre pesato poco
  3. Per quel gol allo Schalke: non avevo mai visto, dal vivo, un prodigio di tale bellezza. Qualcosa di unico. (e anche quella sera, uscito tu, ci siamo arresi)
  4. Per averci scelti, preferiti e amati ogni giorno.
  5. Per la stagione 2007/2008, che hai giocato nonostante l’infortunio, nonostante le critiche, nonostante tutto. Sempre in campo a lottare.
  6. Per la fascia di capitano, indossata sempre con fierezza.
  7. Per averci messo la faccia, sempre.
  8. Per il triplete.
  9. Per quello che mi hai trasmesso.
  10. Per quella scivolata in ginocchio e poi pancia a terra a Parma, quando Ibra segnò il gol dello scudetto. Tutti ad abbracciare Ibra e tu, sotto ai nostri tifosi, a piangere di gioia. A liberarti da quel peso che tutti ci portavamo dentro. A gustare una gioia infinita.

GRAZIE

 

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Il calcio raccontato dalla filatelia

13 febbraio 2013

01La filatelia, il collezionismo dei francobolli, racconta da più di 160 anni la storia del nostro paese. In più di un’occasione questa è passata anche per un gol, una vittoria o un’impresa calcistica e ogni volta c’erano i francobolli a raccontarla. Dal 1987 al 2012 la filatelia ad esempio ha commemorato di anno in anno la squadra vincitrice dello scudetto, dal Napoli di Maradona nel 1987 fino alla Juventus di Conte nel 2012, il cui francobollo rende omaggio allo Juventus Stadium. 02

 

Ma un’importanza fondamentale nei rapporti tra calcio e filatelia la riveste quello che è l’evento calcistico per eccellenza, ovvero i Mondiali. Ed è proprio in occasione di essi che nel 1934 l’Istituto Poligrafico italiano dedica un’intera serie di 9 valori (5 di posta ordinaria e 4 di posta aerea) alle gesta atletiche fondamentali: il dribbling, il tiro, la parata. In tre valori della posta aerea venivano anche rappresentati degli idrovolanti dell’Aeronautica che sorvolano gli stadi di Torino, Firenze e Bologna. Questi Campionati furono ospitati e vinti proprio dall’Italia, che con l’organizzazione dell’evento voleva promuovere la propria immagine nel mondo.

03Ma anche le vittorie del 1982 e del 2006 sono state celebrate sui francobolli: in entrambe le occasioni venne dipinta la Coppa, la prima volta sollevata dalle mani del nostro portiere e capitano Dino Zoff, la seconda volta sollevata da Fabio Cannavaro di sfondo ad una bandiera tricolore. Quest’ultimo valore è stato stampato in minifogli da 12 francobolli ciascuno.

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Anche nel 1990 i Campionati del Mondo furono ospitati dall’Italia, ed in quell’occasione con la filatelia si decise di ricordare ciascuna delle rappresentative nazionali in gara: erano 24 e ciascuna di esse ricevette un francobollo con lo stemma ed i colori della maglia. Come se non bastasse, all’interno della stessa serie si inserirono anche 12 valori dedicati agli stadi italiani che ospitarono la partite. In totale furono 36 francobolli, la più ampia serie filatelica della storia, stampati anch’essi in foglietti da 6 ciascuno.
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CIAO WES, INSIEME SIAMO STATI GRANDI

21 gennaio 2013

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Quel venerdì 28 agosto 2009 faceva piuttosto caldo. E io, caro Wesley, ero lì con gli altri giornalisti ad aspettarti, ad Appiano. Ce la ricordiamo tutti, quella conferenza stampa. L’abito estivo, Mourinho in maniche corte e abbronzato, Oriali che ti tiene la maglia numero 10 (sedotta e abbandonata da Ibra, negata a Balotelli), Branca che sta un po’ defilato.

Mentre pronunciavi le classiche parole che stai già dedicando alla tua nuova squadra (“Sono arrivato in un team grandioso”, “[NOME ALLENATORE] è uno dei più bravi del mondo”) è successa una cosa che, alla lunga è stato più che un segnale. Mentre stavi parlando e tutti pendevamo dalle tue labbra nella sala stampa di Appiano, da una porta laterale è entrata lei, Yolanthe. Indossava un vestitino estivo colorato e tutti, me compreso, ci siamo distratti per ben più di tre secondi, nel vederla sfilare e accomodarsi in una delle poltroncine laterali, mentre ti guardava e scattava foto con una compatta.

Non so gli altri e non me ne voglia la mia ragazza, ma raramente, forse mai, avevo e ho visto dal vivo una donna tanto bella. Non la conoscevamo bene ancora, Yolanthe. Mentre adesso che sei già a Istanbul sappiamo che al Gala abbiamo spedito Sneijder e Yolanthe, come se anche lei fosse un pezzo di Inter. Come quando Julio Cesar la scorsa estate è partito per Londra e, giorno per giorno, siamo stati aggiornati ed emozionati dai tweet di Suzana. Un anno dopo quella conferenza stampa tu e Yolanthe vi siete sposati, in una cerimonia celebrata dal prete più interista che abbia mai conosciuto, don Luigi, che ogni volta che incrociavo da piccolo mi parlava sempre e solo dell’Inter.

Il giorno dopo quella conferenza stampa eri già in campo, nel derby: 4-0, una tua prova super. La prima prova generale delle prove da triplete. Di quella stagione fantastica ci sono momenti che ci porteremo dentro per sempre:  il primo fu il gol all’Udinese, a tempo scaduto, un 2-1 che ci mandò fuori di testa. Era il segnale di una stagione da vivere a tutta, fino all’ultimo. E allora via, con la doppietta con il Siena, il gol a Kiev che è uno dei pezzi più grossi della Champions, l’assist a Eto’o a Londra contro il Chelsea, il gol ai quarti su punizione con il Cska, il gol al Barcellona a San Siro che diede il via ad una delle più grandi partite della storia dell’Inter (oltre all’assist per Milito per il 3-1). Poi Madrid, quell’assist perfetto al Principe per l’1-0, il gol fallito poco prima, una prova da campione.

Forse la tua ruota ha iniziato a girare all’indietro in quella maledetta finale del Mondiale. Avevi già fatto 5 gol e eliminato il Brasile con una doppietta, quando sullo 0-0 hai messo in porta Robben. La storia sarebbe cambiata, Robben ha fallito, l’Olanda ha perso, tu non hai vinto il pallone d’oro. Sei tornato un po’ più scarico, ci hai aiutato a battere il Bayern a Monaco, hai alternato prove buone a lunghe pause. Ci lasci con un po’ di amaro per come è stata gestita la situazione, con i tweet a volte dolci a volte amari della tua bella Yolanthe. In una delle tue ultime partite con noi, di fronte ad un San Siro che mugugnava, hai guardato la tribuna: “fischiate, fischiate…”. I segnali di insofferenza c’erano. Ma mai come adesso ci sarebbe servito uno come te. Uno che ragiona in verticale, uno con i tuoi tempi di gioco ed i tuoi piedi. L’hanno già scritto tutti: ciao, addio, ci mancherai, non ci mancherai, ci servivi, non ci servivi.  Io ti dico solo grazie Wes. Magari non sei il più grande interista sulla faccia della terra, anzi non ci sono dubbi. Ma anche grazie a te l’Inter è diventata grande.

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12.12.12. IL NUMERO CHE NON MI PIACE MA CHE HA FATTO LA STORIA

12 dicembre 2012

urlNon mi è mai piaciuto il numero 12. Forse perché faccio il portiere da quando ho sette anni e ho sempre avuto una certa allergia alla panchina, allo stare fuori. Non ho mai giocato con il 12. E siccome non ho mai giocato in un campionato importante, ho praticamente sempre giocato castutilloon l’1, da titolare.  Sono cresciuto con la consapevolezza che il 12 fosse il numero della riserva, di quello che non giocava mai. Anche se magari era simpatico. Ad esempio: Astutillo Malgioglio. Lo trovavo sempre nelle figurine, aveva quei baffoni indimenticabili e una faccia simpatica. Non mi ricordo una sola partita di Astutillo, ma era come se lo conoscessi da una vita. Era il 12 perché davanti a lui c’era il più forte, il mio preferito, quello che ho più amato. Walter Zenga.

Poi qualcosa è cambiato. Non solo la numerazione, non più vincolata al classico 1-1. Il portiere titolare, una delle poche certezze nel calcio, ha continuato a indossare l’1. Fino a quando sono arrivati quei due brasiliani mezzi sconosciuti. Dida e Julio Cesar. Arrivati sconosciuti, appunto, si sono imposti fregando i numeri 1 delle milanesi. Toldo, ad esempio, ha assistito dalla panchina alla scalata internazionale di Julio, senza peraltro mollargli l’1. Il titolare era Julio Cesar, ma l’1 stava in panchina. A pensarci, ancora oggi, mi fa davvero una strana sensazione pensare che tutti i più bei miracoli di Julione, compresa la parata su Messi, o quella su Robben in finale di Champions, siano stati compiuti con il 12 sulle spalle. Poi, una volta ritirato ToldOne, Julio si è assicurato subito l’1. La magia, però, era come se la fosse portata via quel numero 12. Non che con l’1 Julio sia peggiorato, sia chiaro. Ma il meglio l’ha dato con il 12 sulle spalle. Ora, per dire, al Qpr gioca con il 33.

Oggi il 12 dell’Inter è Castellazzi. Bontà sua, Strama gli sta preferendo Belec come secondo. Non che Castellazzi non sia un buon portiere, ma diciamo che la sua esperienza all’Inter non è poi molto fortunata, con una media di gol presi piuttosto imbarazzante. Il vero 12 da rimpiangere è stato, senza dubbio, Alberto, detto Jimmy, Fontana. Quattro stagioni (dal 2001 al 2005) con 24 presenze ricche di miracoli. Un piccolo grande fenomeno, tanto che a tratti diventò quasi titolare. Nella giornata del 12, che non amo, preferisco ricordare lui piuttosto che i tanti, come Giovinco (ma anche Henry), che ora lo usano pur essendo giocatori di movimento. Preferisco parlare dei veri 12, quelli che stanno nell’ombra e poi devono essere pronti, a non sbagliare, oppure ad entrare giusto per farsi infilare da un rigore. Senza tralasciare il fatto che il 12 è anche il numero dei tifosi, delle curve, di quel famoso dodicesimo uomo in campo che ti fa correre un po’ più forte. In un calcio in cui Giovinco gioca con il 12 e Napoleoni (centrocampista del Levadiakos) gioca con l’1, non riesco a non pensare che un numero 12 ha scritto un pezzo di storia del calcio moderno.

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Il ritorno di Kakà al Milan

9 agosto 2012

Il ritorno di Kaka al Milan non è più una favola ma una realtà che potrebbe concretizzarsi.

Tra le notizie di calcio presenti nei giornali in questi giorni quella del ritorno del brasiliano nella casa di Milanello è tra le più seguite. Andiamo a vedere i pro e i contro del ritorno di Kaka in Italia.

Pro

Le ragioni sono tante. E una storia, un amore, un simbolo mai spento. Kakà tornerebbe al Milan con la voglia di dimostrare che la parentesi di Madrid è stata appunto solo una parentesi. Ha trentanni, può ancora esprimersi ad alti livelli per almeno tre stagioni. A Milanello troverebbe uno spogliatoio pronto ad accoglierlo con una festa, a cominciare da Robinho e Pato. E anche sul piano mediatico avrebbe un impatto notevole. I pronostici della serie A sul ritorno di Kaka sono ancora incerti ma la notizia inizia a prendere forma e entusiasma tutti i fans del Milan e del calciatore brasiliano.

Contro

Oggi o domani Galliani incontrerà Florentino Perez a New York, alla vigilia di Milan-Real Madrid. Il problema dell’ingaggio è notevole. Anche se il Real cedesse il giocatore al Milan in prestito gratuito (con diritto di riscatto), chi pagherebbe il suo stipendio? Trasportando la cifra dalla Spagna all’Italia, il club di via Turati dovrebbe pagare 20 milioni lordi all’anno, quando il nuovo tetto dei rossoneri è di 8 milioni lordi. Ammesso che Kakà si riduca di un terzo lo stipendio, il Milan gliene potrebbe garantire solo un altro terzo. L’ultima fetta toccherebbe a Perez che, a quanto risulta, per il momento non è affatto d’accordo a regalare sia il cartellino che un pezzo d’ingaggio.

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QUELLE LUCI(O) NON SI ACCENDERANNO PIU’

4 luglio 2012

Ok, come ricordano i testoni di interistiorg, forse non è proprio il caso di insultare l’uomo che ha annientato Drogba e Messi. Era il 2010 però e, calcisticamente, è passata una vita. E allora ecco, in fila, un po’ di motivi per o quali non bisogna disperarsi troppo se Lucio è andato alla Juve.

PS: Torno ad avere l’esclusiva su “Lucio a San Siro”

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MAURI, MILANETTO E LE ROVESCIATE DIMENTICATE

28 Maggio 2012

Il suo primo gol in Serie A Stefano Mauri lo segnò in rovesciata. Era il 6 novembre 2002, giocava con la maglia del Modena: si giocava a Bergamo, recupero della prima partita del campionato 2002/2003. Un match incredibile, vinto dagli emiliani per 3-1: ci furono solo gol meravigliosi, quel giorno. Segnò Colucci con un destro all’incrocio, poi segnò Diomansi Kamara, di tacco. Il tre a zero fu proprio di Stefano Mauri: una rovesciata vincente. Poco dopo Dabo chiuse con una punizione capolavoro una delle partite più ricche di gol spettacolari degli ultimi anni. Mauri, con quella rovesciata, mise l’impronta a quella che sarebbe stata una sua caratteristica: centrocampista di qualità, dal gol facile, e dalla rovesciata acrobatica facile. Sono state tante, in questi anni, le reti segnate da Mauri in rovesciata, o comunque in acrobazia. L’ultima quest’anno, contro il Napoli. In totale, 38 gol in Serie A.

In quel Modena giocava anche Omar Milanetto, che in quella stagione segnò cinque gol. Ha sempre sorpreso un po’ tutti, Milanetto, soprattutto nel suo finale di carriera, al Genoa. Tutti lo davano sul viale del tramonto, qualcuno sorrideva sul suo girovita, considerandolo un po’ troppo grasso per sostenere un centrocampo di serie A. E invece Milanetto giocava, dirigeva i compagni e ogni tanto segnava anche gol molto belli. Come quello contro l’Udinese, con un sinistro (il suo piede sordo) di controbalzo dal limite dell’area. L’assist? Di Sculli, ovviamente.

Ecco, quando sento Mauri e Milanetto arrestati per il calcioscommesse, le prime cose che mi vengono in mente sono le rovesciate del primo e i calzettoni abbassati del secondo che calciava così bene. Mi vengono in mente queste cose e penso che, bravi com’erano, non avevano alcun diritto di fare quello che hanno fatto. Anche per loro: le rovesciate e i gol da lontano non se li ricorderà più nessuno. Mauri e Milanetto saranno per sempre quelli del calcioscommesse. Forse, per un calciatore, è la punizione più dura.

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CHELSEA, IL SEGRETO DEI VIDEO DI CECH E DI MATTEO

21 Maggio 2012

ImmagineRoberto Di Matteo non è solo un uomo fortunato. La fortuna bisogna meritarsela e lui, assieme al suo staff, ha fatto di tutto per ottenerla. E al di là delle tattiche difensive, dei contropiedi e dell’affidamento totale a Didier Drogba, ci sono un paio di video che spiegano, almeno in parte, il successo del Chelsea in Champions.

IL VIDEO DI INCORAGGIAMENTO. Si tratta di un video che Di Matteo ha mostrato in albergo ai giocatori. Mezzora di in bocca al lupo fatti ai giocatori dai propri familiari. Ovviamente Lampard e compagni erano all’oscuro di tutto e si sono trovati di fronte ad un filmato davvero emozionante. Mixato con spezzoni di partite, il video ritraeva genitori, fratelli e amici di ognuno dei calciatori del Chelsea, nelle loro case, mentre incitavano i propri campioni. “Ci hanno sorpresi con i loro messaggi – ha detto Drogba -. Ci sono sempre stati vicini, anche dopo sconfitte come quella di Mosca”. “È stato emozionante, ma anche un po’ imbarazzante”,  ha raccontato Ryan Bertrand, sorpresa assoluta nell’11 titolare di Di Matteo. E così tra un pizzico di commozione e le inevitabili risate per le performance video dei familiari, il Chelsea è andata alla battaglia con il cuore gonfio. D’amore.

CECH E I RIGORI STUDIATI. L’altro segreto, inevitabilmente, è quello che custodiva Petr Cech  nella sua testa, sotto al suo casco. Nei giorni precedenti alla partita si è studiato un dvd confezionato apposta per lui. Durava due ore e conteneva tutti i rigori calciati dal Bayern Monaco dal 2007 ad oggi. Cech esplose proprio grazie ad una famigerata serie di calci di rigore: era la finale dell’Europeo Under 21 del 2002 e la sua Repubblica Ceca si impose dal dischetto 3-1, con due parate oltre il limite del regolamento. Cech infatti, forte della sua altezza, si mosse in avanti in occasione di tutti i rigori, andando a coprire lo specchio della porta. Contro il Bayern Cech ha intuito tutti e sei i rigori calciati, ne ha parati tre: anche il palo di Schweinsteiger è stato deviato dalla mano del portiere ceco. “Gli unici due rigori per i quali avevo dei dubbi sono stati quello di Robben e quello di Neuer, che non mi aspettavo”, ha spiegato Cech. Che ha anche raccontato il perché delle sue scelte: “Robben calcia con la stessa probabilità sia a destra che a sinistra. Si è presentato a calciare nei supplementari, quando era stanco, quindi era più facile che calciasse di potenza. In più, lui è mancino, io sono mancino, era più probabile calciasse alla mia sinistra. E, in più, ho pensato di buttarmi alla mia destra: per questo mi sono buttato a sinistra e ho parato”. “Con  Neuer altra storia: di solito il portiere rigorista è Butt, che aspetta che il portiere si butti e poi lo spiazza. Così ho immaginato che Manuel facesse lo stesso, per questo mi sono buttato un po’ in ritardo e non ci sono arrivato”.

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I GIOIELLI DELL’ATHLETIC BILBAO

10 Maggio 2012

La sconfitta in finale di Europa League, seppur pesante, non cancella la straordinaria stagione dei baschi allenati da Bielsa. Tanto più che alle porte c’è la finale, sulla carta proibitiva, di Coppa del Re con il Barcellona. Dopo di che, la domanda sarà una sola: quanti dei piccoli grandi campioni baschi nella prossima stagione giocheranno ancora nell’Athletic Bilbao? Sono almeno otto i calciatori richiesti dalle più grandi società d’Europa. E tutti hanno una clausola di rescissione molto alta, che varia dai 30 ai 40 milioni di euro. Non significa che sia necessario per forza pagarla interamente, ma è certo che i baschi non faranno sconti. Ecco la scheda degli otto gioielli più preziosi allenati da Bielsa.

FERNANDO LLORENTE (classe 1985). La finale con l’Atletico Madrid è stata un inno ai suoi limiti. A volte impacciato, lento e legnoso. Succede quando non riesce ad armonizzare i suoi oltre 195 cm. Ma Fernando, il più delle volte, ne è capace. E i tanti gol delle ultime due stagioni, soprattutto, lo hanno dimostrato. Del Bosque potrebbe lanciarlo titolare agli Europei: Villa è un punto di domanda, Torres pure. Il Mondiale l’ha già vinto, seppure quasi solo sedendo in panchina. Ma chi ha bisogno di un bomber vecchio stampo, con tutte le modernità accessorie, non può far altro che pensare a lui. Clausola di rescissione: 40 milioni di euro. Seguito da: Liverpool, Real Madrid, Tottenham.

JAVI MARTINEZ (classe 1988). Si è laureato campione del mondo a 22 anni, giocando uno spezzone contro il Cile. L’anno successivo ha poi vinto il titolo continentale con l’Under 21. Mica male! Centrocampista trasformato da Bielsa in difensore centrale, fu acquistato dal Bilbao quando aveva diciotto anni per una cifra super: sei milioni di euro. È la versione elegante di Mascherano. Clausola di rescissione: 40 milioni di euro. Seguito da: Real Madrid, Manchester United, Roma.

MARKEL SUSAETA (classe 1987). Ala destra pura. Uno che punta prende e va. Mette gli assist (15 in questa stagione), ma anche i gol (13). Non ha saltato nemmeno una partita della lunghissima stagione dell’Athletic: 61 su 61. Pupillo di Caparros, che lo fece debuttare appena 20enne contro il Barcellona: Markel segnò subito. Clausola di rescissione: 35 milioni di euro. Seguito da: Chelsea, Manchester United, Arsenal.

OSCAR DE MARCOS (classe 1989). Se cercate un jolly, un tuttofare di qualità e corsa, e che abbia degli attributi grossi così, eccolo qui. Può giocare indifferentemente a destra o a sinistra, come terzino, esterno di centrocampo, centrocampista, mezzapunta o ala. In ogni posizione garantisce sia quantità che qualità. Cresciuto con il mito dell’Alaves, sperava di battere l’Atletico Madrid per alzare quella coppa che vide perdere alla sua squadra del cuore contro il Liverpool. Anche sul piano del carattere ha dimostrato di… avere le palle. Oltre ad aver segnato al Manchester United, infatti, lo scorso dicembre è stato protagonista di un clamoroso episodio: durante la partita di Liga con il Saragozza, ha ricevuto una forte scarpata da Paredes nella zona genitale. Grande dolore, ma grande abnegazione: De Marcos gioca tutto il secondo tempo, poi va in ospedale, dove gli ricuciono lo scroto con 25 punti e gli spiegano che ha rischiato di rimetterci i testicoli. Insomma, non ditegli che non ha gli attributi per giocare. Clausola di rescissione: 32 milioni di euro. Seguito da: Manchester City.

ANDER HERRERA (classe 1989). Piano con il paragone con Iniesta. È vero, è probabilmente il calciatore che più lo ricorda e che più cerca di assomigliargli. Caratteristiche simili? La ricerca degli spazi con passaggi illuminanti, la visione di gioco, la non perfetta integrità fisica (pubalgia) e la capacità di inserirsi e segnare. Un esempio? Il gol di testa in finale degli Europer Under 21 nel 2011. Un gol decisivo, in finale, proprio come Don Andres. Clausola di rescissione: 36 milioni di euro. Seguito da: Manchester City.

IKER MUNIAIN (classe 1992). Eppure Bart Simpson nel cartone non piange mai. Iker, invece, ha pianto, tanto e proprio come un bambino, al termine della finale persa con l’Atletico. Avrà tempo e modo per rifarsi, lui che è il talento più puro e prezioso della squadra basca. Alto soltanto 169 cm, ambidestro, esterno d’attacco o mezza punta, Muniain, che ha già debuttato con la nazionale maggiore ed è stato il più giovane debuttante della storia dell’Athletic Bilbao, sembra essere l’incastro perfetto per l’attacco del Barcellona. Non per altro, lo chiamano il Messi basco. Irriverente, ok, ma siamo di fronte ad un giovane con doti super. Clausola di rescissione: 45 milioni di euro. Seguito da: Barcellona, Manchester United.

ANDER ITURRASPE (classe 1989). L’idolo della Catedral. Centrocampista di fisico (187 cm), è la bilancia dell’Athletic. Bielsa ha fondato la squadra su di lui, che garantisce equilibrio. Nella finale di Europa League solo un tempo: poi, risucchiato dalla fretta di rimontare, è stato sostituito. Ma difficilmente il Bilbao può fare a meno di lui. Clausola di rescissione: 35 milioni di euro. Seguito da: Inter.

ANDONI IRAOLA (classe 1982). Il grande vecchio, che ha solo 30 anni. Capitano che viaggia verso le 400 presenza con l’Athletic, è un terzino destro con doti tecniche sopraffine. Andate a rivedere che cosa ha combinato contro il Manchester United: la sua serpentina non si è conclusa con il gol (in tal caso sarebbe entrato nella hit parade dei gol più belli di sempre) ma è comunque già leggenda. Clausola di rescissione: 30 milioni di euro. Seguito da: Real Madrid.