Sì proprio così. C’è una sola parola che ci può definire, e c’è un solo motivo che la può spiegare. Lo Special non c’è più, e siamo sulla via della normalità. In fondo fare il triplete, vincere la Champions dopo 45 anni, vivere la stagione più esaltante della storia poteva solo essere opera di qualcuno di speciale, che tirasse fuori qualcosa di più. Quel qualcosa che quando eri sotto 2-3 in casa con il Siena e dopo che hai fatto il 3-3 al 91′ ti faceva mettere il centrale di difesa a fare l’attaccante e segnavi il 4-3. O quello che dopo che ti avevano buttato fuori due difensori e stavi giocando in nove, ti spingeva a cercare di vincere la partita. Certo, una condizione mentale di quel genere è irripetibile. Lo ha spiegato bene Eto’o, quando è andato da benitez e gli ha detto: ok, io mi sono fatto il culo, ma solo perché era Mourinho e solo perché dovevamo fare la storia in quei tre mesi; adesso basta.
L’Inter di quest’anno, tolta la sconfitta con l’Atletico, si è accontentata di pareggiare con la Roma, e ha perso. Si è accontentata di pareggiare con il Twente e con la Juve, e non ha vinto. Ha regalato anche il miglior calcio della stagione: a Palermo e con il Werder Brema si sono visti lampi di una squadra bella, concreta, imprendibile. Lampi. Sembra che di colpo l’Inter abbia bisogno di essere bella per essere anche vincente. Un po’ il contrario di quello che succedeva con lo Special One in panchina.
Normali. Viaggiamo verso una normalità preoccupante per chi si era abituato a viaggiare in contromano, a esasperare un Inter-Catania, a sentirsi splendidamente soli contro tutti. Forse è una normalizzazione fisiologica e doverosa: dopo troppo tempo sulle montagne russe bisogna scendere, soprattutto se sono troppo alte. E allora avanti con Benitez, che non è speciale, ma non è stupido. La paura è che però sia troppo normale, che al di là della tattica, dell’equilibrio, della difesa alta, riesca a trasmettere un pizzico di quel qualcosa che accendeva i cuori e faceva girare le gambe. Anche se Mou aveva quell’arma in più, quella miccia che accendeva e faceva esplodere le partite di punto in bianco. Due colpi sul petto, come contro il Chelsea: Mario entra e falli secchi. Quando oggi Benitez si gira, non vede nessuno. Anzi no, c’è Coutinho, ma è talmente basso che è come se non ci fosse…