Archive for ottobre 2010

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Un trattamento poco Gentile: “Io, che annullai Maradona”

31 ottobre 2010

“Claudio, Maradona lo marchi tu. A uomo”. Mondiale ’82, Spagna. Enzo Bearzot, a tre giorni da Italia-Argentina, prese in disparte quel terzino baffone, 29 enne, affidandogli la marcatura del più forte giocatore del mondo.

Gentile, come ci si prepara a marcare il migliore di tutti?
“Mi feci dare le cassette e mi misi a studiare Maradona. Ci avevamo già giocato contro, nel 79’, e Diego si era procurato un rigore. Ho rivisto quella partita e mi sono guardato anche le loro gare di qualificazione, studiando tutti i suoi movimenti”.

Guardando quei video, cosa capì?
“Che Maradona non doveva ricevere palla. Bisognava impedergli di prendere il pallone”.

Cosa che lei riuscì a fare al meglio durante la partita del Sarrià.
“Sì, modestamente quel giorno feci un’impresa. Annullai Maradona”.

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PALLONE D’ORO: IL COMMENTO DEL GIORNALISTA ITALIANO CHE VOTERA’

26 ottobre 2010

Guardi l’elenco dei 23 nominati per il Pallone d’Oro e pensi subito che ci sia un errore. Scorri, leggi: Iniesta, ok, Sneijder, ok, Xavi, ok. Poi vai fino in fondo: Müller, giustissimo, Dani Alves, ci sta, Forlan, certo, Asamoah Gyan. Controlli bene: c’è Asamoah Gyan, non c’è Diego Milito. Allora ti chiedi subito cosa è successo. Chiami Paolo Condò, giornalista della Gazzetta dello Sport, da quest’anno unico giurato italiano che avrà diritto di voto nel nuovo premio che verrà consegnato il 6 gennaio. Pallone d’Oro più Fifa World Player. Uguale: Fifa Pallone d’Oro. E provi a farti spiegare.

Condò, come mai non c’è Diego Milito?
Paga lo scarso utilizzo in Sudafrica. Il Mondiale è la manifestazione guida. Conta, giustamente, più della Champions. Si gioca ogni quattro anni, si vedono i migliori giocatori. E da quest’anno il Pallone d’Oro è davvero il premio che riconosce il migliore del mondo.

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NORMALIZZATI

4 ottobre 2010

Sì proprio così. C’è una sola parola che ci può definire, e c’è un solo motivo che la può spiegare. Lo Special non c’è più, e siamo sulla via della normalità. In fondo fare il triplete, vincere la Champions dopo 45 anni, vivere la stagione più esaltante della storia poteva solo essere opera di qualcuno di speciale, che tirasse fuori qualcosa di più. Quel qualcosa che quando eri sotto 2-3 in casa con il Siena e dopo che hai fatto il 3-3 al 91′ ti faceva mettere il centrale di difesa a fare l’attaccante e segnavi il 4-3. O quello che dopo che ti avevano buttato fuori due difensori e stavi giocando in nove, ti spingeva a cercare di vincere la partita. Certo, una condizione mentale di quel genere è irripetibile. Lo ha spiegato bene Eto’o, quando è andato da benitez e gli ha detto: ok, io mi sono fatto il culo, ma solo perché era Mourinho e solo perché dovevamo fare la storia in quei tre mesi; adesso basta.

L’Inter di quest’anno, tolta la sconfitta con l’Atletico, si è accontentata di pareggiare con la Roma, e ha perso. Si è accontentata di pareggiare con il Twente e con la Juve, e non ha vinto. Ha regalato anche il miglior calcio della stagione: a Palermo e con il Werder Brema si sono visti lampi di una squadra bella, concreta, imprendibile. Lampi. Sembra che di colpo l’Inter abbia bisogno di essere bella per essere anche vincente. Un po’ il contrario di quello che succedeva con lo Special One in panchina.

Normali. Viaggiamo verso una normalità preoccupante per chi si era abituato a viaggiare in contromano, a esasperare un Inter-Catania, a sentirsi splendidamente soli contro tutti. Forse è una normalizzazione fisiologica e doverosa: dopo troppo tempo sulle montagne russe bisogna scendere, soprattutto se sono troppo alte. E allora avanti con Benitez, che non è speciale, ma non è stupido. La paura è che però sia troppo normale, che al di là della tattica, dell’equilibrio, della difesa alta, riesca a trasmettere un pizzico di quel qualcosa che accendeva i cuori e faceva girare le gambe. Anche se Mou aveva quell’arma in più, quella miccia che accendeva e faceva esplodere le partite di punto in bianco. Due colpi sul petto, come contro il Chelsea: Mario entra e falli secchi. Quando oggi Benitez si gira, non vede nessuno. Anzi no, c’è Coutinho, ma è talmente basso che è come se non ci fosse…