Ufficiale l’esonero di Mancini: il pensiero di Lucio
Scrivo solo ora, ora che è arrivato il comunicato ufficiale, ora che so che Mancini non è più il mio allenatore. Mi dispiace, lo dico sinceramente. Non potrebbe essere altrimenti. È grazie a lui se sono Campione d’Italia, se ho vinto campionati (2, 3, fate voi), Coppe Italia e Supercoppa. È grazie a lui se l’F.C. Internazionale è tornata ad essere una società seria, capace di pianificare, di programmare presente e futuro. Di acquistare gente come Maicon, Maxwell, Cambiasso, Julio Cesar, di lanciare Pelè e Balotelli. Di acquistare Ibrahimovic, Chivu, Vieira. Di vincere i derby, di surclassare la Roma, di dominare, di vincere all’ultimo secondo, di gioire come dei pazzi per uno scudetto bellissimo. Di parlare fuori dai denti, di dire a Moggi che era un farabutto, di dire che il Milan ci stava sulle palle, di dire ai giornalisti che erano faziosi e burattini. Sono tanti motivi, sono tanti e validi, da far pensare ad una follia, all’ennesima ricaduta del Presidente padrone capriccioso.
Non è così. Quando il Mancio dopo Inter-Liverpool aveva sbottato, beh lì aveva scritto il suo destino, inutile sorprendersi. Moratti, criticabile quanto volete, è il padrone, può disporre come vuole dei suoi soldi, e se ritiene che Mancini non sia più affidabile, è giusto e doveroso che lo licenzi. La cosa che più mi spaventa, qualsiasi sia il successore (chiaro che sarà Mourinho), è che l’Inter deve ricominciare daccapo proprio quando aveva vinto. Non è una rifondazione dopo una stagione fallimentare, è una rivoluzione dopo una vittoria.
Con Mancini, avevamo acquisito quella normale sicurezza, quel passo non bello ma vincente (almeno in campionato), che sarà difficile ripercorrere fin dall’inizio.
Perché Moratti vi ha rinunciato? Perché non vedeva più la serenità necessaria, perché forse temeva che Mancini avesse perso grinta, autorità e voglia di combattere.
Se Mourinho dovesse arrivare e non vincere il campionato: beh, sarebbe un fallimento tremendo, intollerabile per i tifosi. Mancini non ha vinto subito, ma un anno di attesa in più non fece la differenza. Mourinho, in caso di fallimento, spezzerebbe una dolce abitudine. È questa l’unica cosa che mi spaventa.
Ringrazio ancora Mancini, sono stati anni belli, in cui ho conosciuto a fondo la sua Inter, le sue idee, ho capito le sostituzioni, sapevo chi avrebbe spostato in campo e perché. Ero entrato in sintonia, pur a volte criticandolo. Sarà difficile per me, come per tutti, almeno all’inizio, ripartire da zero.
C’è una sola cosa che non mi spaventa e mi permette di accettare tutto: l’amore per l’Inter. Conta solo quello. Perché l’Inter non è di Mancini, né di Mourinho, né di Moratti. L’Inter è degli interisti, l’Inter è mia. E nessuno potrà mai spostare gli equilibri. Né un allenatore, né un presidente.