Qualche anno fa circolava una vignetta di un arbitro in divisa, che proiettava a terra la sua ombra con addosso una maglia bianconera. Sudditanza, ci si chiedeva? Si, no, forse. Partivano i “dossier sugli errori”, le moviole infinite, le “super-moviole”, gli strilli sui giornali, le polemiche infinite.
Gli arbitri sono passati sotto la direzione di quello che è stato il migliore di tutti, Pierluigi Collina. Obiettivo: formarli, allenarli, migliorarli. Ma appena sono ricominciate le partite, si è ricominciato a parlare, principalmente delle decisioni dei fischietti.
Negli ultimi giorni è rispuntata, forse non a torto, la parola magica: sudditanza.
In effetti, in una sola giornata di campionato, ci siamo trovati di fronte a una serie infinita di quelli che i moviolisti chiamano episodi.
In Juve-Fiorentina rigore non dato e gol buono annullato ai viola, con conseguente sfuriata del presidente Della Valle. In Milan-Bologna, gestione bizzarra dei calci di rigore. In Reggina-Chievo falli invertiti in area di rigore nei momenti salienti. In Lazio-Cagliari, due rigori regalati ai biancocelesti, senza motivo. In Inter-Sampdoria cartellini per calciatori e espulsione per Mourinho, che contestava all’arbitro di essere sotto pressione per non avvantaggiare proprio i nerazzurri. Per poi trovare Mazzarri in conferenza stampa che reclama tre rigori per i suoi. In Napoli-Roma, Mexes segna in fuorigioco in una situazione identica a quella per la quale i giallorossi hanno protestato dopo la sfida di Coppa Italia.
In dieci righe ci sono abbastanza episodi per riempire pagine di giornali e trasmissioni di polemiche. In cui si parlerà di «protezione per la squadra di casa», di «inesperienza», in cui sentiremo dire «era una situazione complicata, l’arbitro aveva solo una frazione di secondo per decidere», «è stato sfortunato», «era impallato», «è colpa del guardalinee».
Forse, ma non se ne ha la certezza, c’è semplicemente che questi arbitri sono scarsi. E i calciatori non li aiutano di certo.