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Balotelli, un azzurro contro l’indecenza degli italiani

22 aprile 2009


Oba Oba Martins, quando segnava alla Juve, correva tutto contento e si metteva a fare capriole e salti di gioia. Mario Balotelli, l’altra sera, dopo il gol più pesante della stagione, per una volta ha abbandonato la sua esultanza tradizionale, cioè quel non esultare allargando le braccia come a dire: «Visto come sono forte?». Ed è corso, scavalcando i cartelloni, andando a raccogliere l’abbraccio dei tifosi dell’Inter. Per poi mostrare a tutto l’Olimpico lo scudetto cucito sulla sua maglietta.

Oba Oba Martins qualche «buu» se l’è preso, nella sua carriera italiana e interista. Ma non ha mai ricevuto il trattamento riservato a Turbo Mario, cioè quasi tutto lo stadio che gli gridava «Sei solo un negro di m….». Il piccolo e veloce nigeriano, però, sprizzava simpatia, quantomeno per quella sua esultanza ginnica entrata nella storia e nelle sigle della Champions League come inno allo sport.

Mario Balotelli, invece, simpatico non lo è mai stato. Fin da quando spadroneggiava negli Allievi, e poi nella Primavera. Il doppio salto in prima squadra non lo ha mai alleggerito di quella scorza di super campione “arrivato” in cui si nasconde.

Mario segna gol importanti, Martins ne ha segnati di più, ma con un peso specifico inferiore. Mario, con i suoi gol, sta contribuendo per il secondo anno consecutivo a portare punti nel momento decisivo del campionato. Praticamente un record, come record è quello di essere il calciatore più odiato della serie A a soli 18 anni. Le sue proteste plateali, i suoi falli. I suoi sberleffi, i suoi colpi di tacco. Mario segna, ma irride. Corre, ma sfotte. E si prende i calci. Anche punitivi. Le regole non scritte del calcio dicono che sì, un calcione, ogni tanto, fa proprio bene. Sono gli stessi suoi compagni, da Materazzi a Cordoba, a fargli sentire i tacchetti in allenamento. Mario deve imparare. Ecco. Mario si impegni a essere meno antipatico.

Tutti quelli che si sono sgolati rinfacciandogli il colore della pelle, invece, pensino che un giorno, Balotelli, giocherà i Mondiali con la maglia dell’Italia. Se la loro educazione non consente loro di frenare la lingua per questioni di razzismo, lo facciano almeno per ragioni calcistiche. Sarebbe un primo, piccolo passo, per far entrare un po’ di civiltà in un mondo, quello del calcio, che sprofonda sempre di più in un mare di volgarità e indecenza.

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